E’ un procedimento molto antico con lo scopo di facilitare la conservazione dei vini.
Da qui nasce l’aromatizzazione dei vini e diventa anche metodo per principi attivi medicinali.
Siamo dalle parti di Ippocrate nel 460 a.c. e fu proprio lui a metter fiori di artemisia e dittamo nel vino greco.
Una bevanda tonificante quindi copiata dai romani e perfezionata con foglie di timo, rosmarino e mirto. Durante il Medioevo la preparazione del “vino ippocratico” risentì favorevolmente dei profumi e dei sapori delle spezie veneziane.
A quel tempo Torino, Firenze e Venezia divennero tre centri importanti per la preparazione dei liquori ma Torino con Antonio Benedetto Carpano lanciò nella capitale piemontese il “vermut”.
Oggi in Douja c’è un incontro felice con Antonio Marteddu, dell’Associazione Italiana Barmen e Sostenitori, che sta offrendo a tutto spiano questi “vini fortificati”.
“Li serviamo sia in miscelazione che in purezza, per farne apprezzare aromi e profumi ai quali educhiamo anche con la nostra esposizione “botanicals” fortemente voluta e promossa dall’Unione Industriale della Provincia di Asti.”
Tanti i bicchieri serviti sia in calice che in “old fashioned” già superati i 200 vermut in due giorni e oltre 300 cocktails senza “danni fisici” alle persone perché qui sanno cosa servono: “la chimica sta fuori” dice Marteddu “sono tutti fiori, erbe e spezie ed il colore viene dato dal caramello o, come in qualche caso, dallo zafferano”.
“E’ il prodotto più importante al mondo tanto che gli americani hanno ripreso la nostra cultura dell’Americanino, drink Usa con prodotti italiani” conclude il Barman della Douja e della Scuola Alberghiera di Agliano che spinge anche sul mitico Torino-Milano “una variante fatta con Carpano e Campari”.
Ovviamente i “bauscia” lo hanno ribattezzato MI-To perché si sa che tra le due città non corre troppa simpatia. (e.b.)