Il dietro le quinte della Douja d’Or 2015
Ecco il backstage della manifestazione: grazie, grazie, grazie a tutti! #douja2015
Ecco il backstage della manifestazione: grazie, grazie, grazie a tutti! #douja2015
“È un onore accogliere ad Asti e alla Douja d’Or l’Ambassador Douglas Hickey, commissario generale…
In un clima sereno e rilassato sabato 19 si è svolto, presso la sala convegni…
“La Grappa è un prodotto di bandiera per l’Italia ed il Premio ALAMBICCO D’ORO, che…
E’ un procedimento molto antico con lo scopo di facilitare la conservazione dei vini. Da…
Che personaggi questi con le bancarelle sotto i portici del 49° Salone dei Vini Douja…
Sono arrivati direttamente dalla Sicilia, con qualche ora di ritardo, per ritirare l’ambito “bollino Douja…
Visitare le vostre cantine è uno spettacolo indescrivibile…solo da vivere per rendersene conto.” Così saluta e…
Dati Export in crescita e il vino protagonista dell’economia italiana. Goria, nuovo presidente della Camera…
Presentato da Goria al Padiglione China Corporate United Pavillon la Douja d’Or. L’iniziativa promossa dalla…
La Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Terre Alfieri” riunisce i territori di 7 comuni in provincia di Asti e parte di 4 comuni in provincia di Cuneo, caratterizzando in tal modo un’area viticola particolarmente vocata.
La denominazione prevede la produzione di due tipologie: “Terre Alfieri” Nebbiolo e “Terre Alfieri” Arneis. Entrambe le tipologie sono costituite da una base costituita dall’85% del vitigno da cui prende il nome e da un 15% di altri vitigni (non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte) a bacca rossa per il Nebbiolo e a bacca bianca per l’Arneis.
Antignano, Celle Enomondo, Cisterna d’Asti, Revigliasco, San Damiano, San Martino Alfieri e Tigliole in provincia di Asti, e parte di Castellinaldo, Govone, Magliano Alfieri e Priocca in provincia di Cuneo.
Terre Alfieri Nebbiolo:
Vitigno: Nebbiolo da 85 a 100 %; altri vitigni a bacca nera non aromatici idonei fino al 15%.
Terre Alfieri Arneis:
Vitigno: Arneis da 85 a 100 %; altri vitigni a bacca bianca non aromatici idonei fino al 15%;
Terre Alfieri Nebbiolo:
Colore: rosso rubino più o meno intenso;
Odore: sviluppa profumi delicati dal lampone alla fragolina di bosco e lievi note floreali e speziate;
Sapore: Secco, di buon corpo con lieve vena tannica, offre una buona persistenza gustativa.
Terre Alfieri Arneis:
Colore: giallo paglierino più o meno intenso;
Odore: delicato, fragrante talvolta floreale;
Sapore: asciutto, gradevolmente amarognolo ricco di corpo
A tavola il Terre Alfieri Nebbiolo è ottimo con carni di vitello e coniglio, mentre il Terre Alfieri Arneis si abbina con risotti, con piatti a base di verdure e pietanze dal sapore delicato.
📸 Vuoi essere anche tu Reporter della Douja? Sei anche tu un fan della “brocca d’oro”?
Quest’anno tutti possono essere fotoreporter della Douja d’Or! È molto semplice:
1. Scegli fra le tue foto preferite dell’esperienza alla Douja d’Or 2021, ad Asti e nel Monferrato.
2. Ogni weekend, posta la/e tua/e foto su Instagram con gli hashtag #doujador2021, tag al profilo @doujador e (importante! Così facendo aderisci al regolamento e ci permetti di utilizzare la tua foto) l’hashtag ufficiale dell’iniziativa #fandouja.
Hai tempo fino al lunedì dopo ognuno dei 4 weekend della Douja d’Or 2021 a mezzanotte per partecipare alla selezione.
3. Noi raccoglieremo i like per te fino a martedì sera, postando la tua foto sulla pagina Facebook Douja d’Or.
Se vuoi aumentare il numero di like alle tue foto, condividi il nostro post sul tuo profilo, ma attenzione! Se condividi le tue foto in un nuovo post Facebook sulla tua bacheca, invece di condividere il nostro post, non riusciremo a tenerne conto!
4. In seguito al voto dei nostri amici di Facebook e al voto della giuria della Douja d’Or, ogni settimana sceglieremo un numero limitato di foto originali e rappresentative delle esperienze della Douja che inseriremo nella Fotogallery del sito www.doujador.it!
E non è finita qui…
🥇 La foto più bella di tutti e 4 i weekend della Douja d’Or riceverà una gloria speciale: diventerà la foto di copertina della nostra pagina Facebook fino alla prossima edizione!
Buon divertimento a tutti i fan della Douja! 🥂
Il vino Colli Tortonesi si produce in 47 di comuni del Tortonese in provincia di Alessandria.
Di questa D.O.C. vengono prodotte le seguenti tipologie
:
unito al marchio consortile DERTHONA la DOC Timorasso, rappresenta il vino più conosciuto del territorio, prodotto anche come Terre di Libarna che ne identifica l’omonima sottozona,
Barbera, prodotto nella versione Superiore e Riserva, è possibile produrlo con menzione di sottozona, indicata in etichetta, “Monleale” per le barbere ottenute dalle uve prodotte dalla omonima sottozona con una resa massima di 72 q.li per ettaro ed un affinamento minimo di 20 mesi di cui 6 in legno.
Abbiamo inoltre : Cortese, (Frizzante e Spumante), Croatina, Dolcetto, Favorita, Moscato, Freisa, Bianco, Rosso e Chiaretto.
Una trentina di comuni del Tortonese, in provincia di Alessandria
Vitigno: «Colli Tortonesi» Rosso: Aleatico, Barbera, Bonarda piemontese, Dolcetto, Freisa, Grignolino, Pinot nero, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Croatina, Lambrusca di Alessandria, Merlot, Nebbiolo e Sangiovese. «Colli Tortonesi» Bianco: Cortese, Favorita, Muller Thurgau, Pinot bianco, Pinot grigio Riesling italico, Riesling Renano, Barbera bianca, Chardonnay, Sauvignon, Sylvaner verde e Timorasso.
Colore: «Colli Tortonesi» Monleale: rosso rubino carico, con sfumature granata
«Colli Tortonesi» Timorasso: paglierino più o meno intenso;
Estratto: «Colli Tortonesi» Monleale: 24 g/l
«Colli Tortonesi» Timorasso: 17 g/l
Odore: «Colli Tortonesi» Monleale: vinoso, intenso, persistente, elegante;
«Colli Tortonesi» Timorasso: caratteristico e fragrante;
Sapore: «Colli Tortonesi» Monleale: asciutto, armonico, robusto, lunga persistenza gusto- olfattiva;
«Colli Tortonesi» Timorasso: di buona struttura, fresco ed armonico;
Per la tipologia Colli Tortonesi Timorasso è consigliata la temperatura di servizio a 10-14°, con abbinamento a carni bianche, formaggi a media stagionatura come il Montebore, crostacei, salumi del territorio come il Nobile del Giarolo,
Per la tipologia Colli Tortonesi Monleale è consigliata la temperatura di servizio a 16-18°, consigliata in abbinamento a secondi piatti di carne, formaggi stagionati,
Acqui DOCG Rosé è sia spumante che fermo, morbido e profumato, con bouquet floreale, piacevole retrogusto di piccoli frutti rossi e finale fresco ed elegante adatto a tutte le stagioni e ai diversi momenti della giornata. Vino di grande personalità, conferma la storia di un territorio e di una tradizione spumantistica unici.
I vigneti, situati sulle colline del Monferrato nei 26 comuni tra la provincia di Asti e Alessandria , sono caratterizzati da limo, sabbia e argilla che conferiscono al vino una versatilità espressiva unica, ponendo l’accento ora su finezza ed eleganza, ora su corpo ed intensità di ogni elemento, ora su leggerezza e fragranza.
Vitigno: Brachetto, vinificato in rosé;
Colore: rosa antico, cipria a volte rosa granato chiaro;
Odore: delicato ed intenso, aromatico, con piacevoli note di rosa e violetta;
Sapore: fresco, sapido, setoso e morbido con retrogusto di ribes e lamponi;
L’Acqui DOCG rosé è di grande piacevolezza nei momenti conviviali. Ottimo come aperitivo, piatti delicati, pesce crudo e crostacei, zuppa di pesce selvaggina da piuma e formaggi leggermente erborinati, si abbina magnificamente con la Robiola DOP di Roccaverano. Temperatura di servizio consigliata 8° C.
Il Brachetto d’Acqui docg è prodotto esclusivamente con le uve del vitigno Brachetto provenienti da vigneti collinari situati nei territori di Comuni compresi tra le province di Asti e Alessandria. È caratterizzato da un colore rosso rubino, tendente al granato chiaro o rosato, un profumo muschiato, molto delicato e caratteristico e un sapore dolce, morbido e delicato. Viene prodotto nelle tipologie rosso (tappo raso) e spumante. La temperatura di servizio ottimale è tra gli 8 e i 12° C. Temperature troppo basse ne pregiudicano i profumi
Acqui Terme e diversi altri comuni delle province di Alessandria e Asti
Vitigno: Brachetto 100%;
Colore: rosso rubino di media intensità e tendente al granato chiaro o rosato;
Odore: aroma muschiato, molto delicato, caratteristico;
Sapore: dolce, morbido, delicato;
Una sua particolare proprietà è quella di esaltare il sapore delle fragole e delle pesche, per questo motivo viene spesso utilizzato nella preparazione delle macedonie di frutta e dei sorbetti. L’abbinamento più tradizionale è quello con la pasticceria secca piemontese, con i dolci da forno e con le crostate di frutta: il Brachetto d’Acqi docg è uno dei pochi vini rossi, dolci, perfetto con il cioccolato fondente.
La produzione del Moscato d’Asti nei territori del Monferrato e delle Langhe risale al 1200 anche se già gli Antichi Romani parlavano del “Moscatellum”. Oggi l’area classica di produzione dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti docg è compresa in 51 Comuni sparsi tra le province di Alessandria, Asti e Cuneo. Si ottengono esclusivamente con le uve del vitigno Moscato bianco. La denominazione Asti senza altra indicazione o accompagnata dalla specificazione Spumante (“Asti” o “Asti Spumante”) è riservata alla tipologia di vino spumante. Oltre alla storica e classica versione dolce, è possibile anche la produzione di una tipologia non dolce con denomnazione Secco, Dry, Extra Dry, Brut e Extra Brut. La stessa denominazione preceduta dalla specificazione Moscato, “Moscato d’Asti” è riservata al vino bianco non spumante.
La zona di produzione dei vini a denominazione di origine controllata e garantita “Asti” e’ costituita dai territori di 51 Comuni compresi tra le province di Alessandria, Asti e Cuneo.
Vitigno: Moscato bianco 100%;
Colore: paglierino più o meno intenso;
Limpidezza: brillante;
Odore: caratteristico, fragrante;
Sapore: dolce, aromatico, caratteristico, talvolta vivace o frizzante;
Asti Spumante docg Dolce e Moscato d’Asti docg si abbinano perfettamente con torte, matrimonio perfetto con la Torta di nocciole Piemonte igp, e la pasticceria fresca e secca. Non mancano anche gli abbinamenti salati, soprattutto con il Moscato d’Asti docg, con salumi e formaggi non stagionati. In Piemonte il Moscato d’Asti docg entra a far parte anche degli ingredienti dello zabaione al posto del tipico Marsala. L’Asti Spumante docg Secco o Dry, Extra Dry, Brut o Extra Brut è ideale come apertivo e a tutto pasto con, naturalmente, piatti di pesce e risotti.
Il Dolcetto d’Acqui prende il suo nome dal comune di Acqui in provincia di Alessandria ed è prodotto con le uve di uno dei più importanti vitigni piemontesi, il Dolcetto, diffuso in varie province della regione sin dal Seicento.
Questo vino ha un colore rosso rubino intenso, con tendenza al rosso mattone con l’invecchiamento, ha un odore vinoso e un sapore asciutto, morbido o amarognolo.
La gradazione deve essere di almeno 11,5° ed è un vino da tutto pasto.
Acqui Terme e una ventina di altri comuni in provincia di Alessandria
Vitigno: Dolcetto 100%;
Colore: rosso rubino intenso con tendenza al rosso mattone con l’invecchiamento;
Odore: vinoso, attenuato, caratteristico;
Sapore: asciutto, morbido, gradevolmente mandorlato o amarognolo;
In particolare, abbinabile con: coniglio, arrosto, paste ripiene, pollame e salumi.
Dopo 23 anni dall’istituzione della DOC, anche in seguito alla costante attenzione dei produttori volta al miglioramento qualitativo ed ai crescenti riconoscimenti sui mercati nazionali ed internazionali, nell’ottobre 2010 è stata riconosciuta la DOCG al Ruchè di Castagnole Monferrato. I territori di produzione sono quelli di 7 Comuni della Provincia di Asti, tra i quali Castagnole Monferrato da cui prende il nome. Si produce con l’uva Ruchè, (minimo 90%, con l’eventuale aggiunta di Barbera e/o di Brachetto) che rappresenta per la piattaforma ampelografica piemontese una particolare singolarità: infatti, non si hanno notizie storiche certe della sua coltivazione ma solo notizie derivate dalla tradizione orale che rimanda tradizione di coltivazione e consumo locale dei prodotti.
Nei comuni di: Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo, Viarigi, tutti provincia di Asti.
Vitigno: Ruchè per almeno il 90%. Possono concorrere alla produzione di detto vino anche le uve dei vitigni Barbera e/o Brachetto presenti nei vigneti fino ad un massimo del 10%;
Colore: rosso rubino con leggeri riflessi violacei talvolta anche tendenti all’aranciato;
Odore: intenso, persistente, leggermente aromatico, fruttato, anche speziato con adeguato affinamento;
Sapore: secco, rotondo, armonico, talvolta leggermente tannico, di medio corpo, con leggero retrogusto aromatico, talvolta con sentori di legno;
Vino con odore intenso, leggermente aromatico e fruttato secco e di buon corpo. È un ottimo abbinamento quello con formaggi saporiti di media-alta stagionatura (Castelmagno, Grana Padano). Altro abbinamento consigliato con piatti tipici piemontesi come la bagna cauda, la finanziera e gli agnolotti.
Legato sin dalla sua genesi alla Barbera d’Asti D.O.C.G (in cui era stato inserito come sottozona nel 2002), a 13 anni dalla creazione di questa sottozona è diventato la Denominazione di Origine Controllata e Garantita “Nizza” con l’obiettivo di legare il nome del vino a quest’area di produzione di antica tradizione vitivinicola e di riconosciuto pregio.
Il “Nizza” viene prodotto in un area che comprende 18 comuni della Provincia di Asti, limitrofi al comune di Nizza Monferrato. Zona tradizionale e di elezione per la coltivazione del vitigno Barbera, è strutturata in un sistema collinare con esposizioni e condizioni pedoclimatiche ottimali che permettono di ottenere vini ricchi di estratto e di profumi, adatti anche al lungo affinamento.
I Comuni di: Agliano Terme, Belveglio, Calamandrana, Castel Boglione, Castelnuovo Belbo, Castelnuovo Calcea, Castel Rocchero, Cortiglione, Incisa Scapaccino, Mombaruzzo, Mombercelli, Nizza Monferrato, Vaglio Serra, Vinchio, Bruno, Rocchetta Palafea, Moasca, San Marzano Oliveto, tutti in Provincia di Asti.
Il Nizza si sposa perfettamente con piatti tipici della cucina piemontese: agnolotti al brasato, Bagna Caoda, selvaggine in casseruola.
Il Grignolino d’Asti è prodotto dalle omonime uve, a cui possono essere unite fino al 10% di uve Freisa. Il vino Grignolino è legato profondamente al territorio, ed è prodotto da prima del Settecento nella zona collinare che ha come epicentro Asti.
Ha un colore rosso rubino con tendenza all’arancione se invecchiato, un profumo delicato e un sapore gradevolmente amarognolo con persistente retrogusto.
35 comuni della provincia di Asti, vocati al Grignolino.
Vitigno: Grignolino: 90 al 100%; Freisa fino ad un massimo del 10%.
Colore: rosso rubino più o meno intenso con tendenza ad una tonalità arancione se invecchiato;
Odore: profumo caratteristico e delicato;
Sapore: asciutto, leggermente tannico, gradevolmente e amarognolo con persistente retrogusto;
La gradazione minima deve essere di 11° e l’uso è da tutto pasto.
Il Freisa d’Asti è un vino dal colore rosso cerasuolo o granato, con caratteristico profumo di lampone o di rosa e con sapore amabile fresco e gradevole: si ottiene con le uve di un vecchio vitigno di origine piemontese, il Freisa, coltivato nelle zone collinari della provincia di Asti. Viene prodotto anche nelle tipologie “superiore”, “spumante” o “frizzante”.
Vigneti in provincia di Asti, esclusi Cellarego e Villanova
Vitigno: Freisa 100%;
Colore: rosso granato a cerasuolo piuttosto chiaro, con tendenza a leggero arancione quando il vino invecchia;
Odore: caratteristico delicato di lampone e di rosa;
Sapore: amabile, fresco con sottofondo assai gradevole di lampone;
Il Freisa d’Asti può essere servito a 16-18°, abbinato con antipasti all’italiana, carni rosse e dessert.
Il Barbera d’Asti viene prodotto un’ampia area collinosa nelle province di Asti e Alessandria con uve Barbera al 90% e il restante 10% di uve da vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione sul territorio regionale. Vino DOC dal 1970, nel 2008 è diventato DOCG. Dall’anno duemila è possibile produrre Barbera d’Asti superiore con menzione di sottozona “Tinella” o di sottozona “Colli Astiani o Astiano” in etichetta.
Gran parte dei comuni vitati delle province di Asti e Alessandria
Vitigno: Barbera minimo 90%, altri vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte massimo 10%;
Colore: rosso rubino tendente al rosso granato con l’invecchiamento;
Odore: intenso e caratteristico, tendente all’etereo con l’invecchiamento;
Sapore: asciutto tranquillo, di corpo, con adeguato invecchiamento più armonico, gradevole, di gusto pieno;
Il Barbera d’Asti si sposa perfettamente con piatti tipici della cucina piemontese: agnolotti al brasato, Bagna Caoda, selvaggine in casseruola.
L’Albugnano si produce con uve del vitigno Nebbiolo per un minino dell’85% e da altri vitigni tipici Piemontesi per la restante parte. Si produce in provincia di Asti, nell’omonimo comune di Albugnano ed in 3 comuni limitrofi.
Il disciplinare prevede tre tipologie: “Albugnano” vino rosso con gradazione minima di 11,5°, “Albugnano” rosato e “Albugnano” superiore. Per fregiarsi nella menzione “superiore” in etichetta il vino deve essere sottoposto ad un invecchiamento non inferiore ad un anno (a partire dal primo gennaio successivo all’annata di produzione delle uve) di cui almeno sei mesi in botti di rovere.
Albugnano, Pino d’Asti, Castelnuovo Don Bosco e Passerano-Marmorito, tutti in provincia di Asti.
Vitigno: Nebbiolo: minimo 85%; Freisa, Barbera, Bonarda (da soli o congiuntamente): massimo 15%
Colore: rosso rubino più o meno intenso, talvolta con riflessi granati;
Odore: profumo delicato, caratteristico, talvolta vinoso;
Sapore: dal secco all’abboccato, di discreto corpo, più o meno tannico, di buona persistenza, talvolta vivace;
L’Albugnano è un vino a tutto pasto: primi piatti con sughi di carne e funghi: secondi di carni stufate – arrosti e lessi – abbinabile a formaggi stagionati.
Il Dolcetto di Ovada superiore o Ovada ha ottenuto il riconoscimento della D.O.C.G. con Decreto Ministeriale nel 2008.Le uve, esclusivamente Dolcetto, vengono prodotte in alcuni comuni dell’Ovadese. Quattro sono le tipologie: -Dolcetto di Ovada superiore o Ovada; -Dolcetto di Ovada superiore o Ovada “riserva”- Dolcetto di Ovada superiore o Ovada “vigna” – Dolcetto di Ovada superiore o Ovada “vigna” “riserva”.
Due tipologie : Ovada Docg e Ovada Docg riserva, con menzione aggiuntiva Vigna
Ovada e altri 21 comuni dell’Alto Monferrato
Vitigno: Dolcetto 100%;
Colore: rosso rubino intenso con tonalità di more
Odore: ciliegie nere e more con l’ evoluzione spezie, mandorle e cioccolato amara
Sapore: concentrato e persistente e una spiccata attitudine all’invecchiamento.
È un vino di notevole struttura caratterizzato da robustezza e forza con più tannini, più acidità e va in commercio con almeno un anno di invecchiamento e 18 mesi per il riserva e si abbina con i prodotti locali, in particolare vista la sua struttura con agnolotti, minestrone, carni rosse, brasati e formaggi stagionati.
Vino classico della tradizione piemontese. Colore rosso rubino intenso, asciutto e caratteristico.
È un grande vino da tutto pasto e va servito a temperatura ambiente. Abbinamenti ideali con piatti tipici della tradizione piemontese, tra i quali: carni bianche e rosse, pasta fresca, ragout, risotti, formaggi di media stagionatura o erborinati e bagna cauda. Apprezzato anche come vino da conversazione da solo o accompagnato da sigaro.
Questo vino si ottiene dalle uve di Freisa, maturate sulle colline torinesi che si spingono verso levante oltre Chieri (provincia di Torino).
Il Freisa, vitigno tipicamente piemontese, ha una storia di almeno 500 anni, così come da documentazioni pervenute sino ai giorni nostri. La sua presenza nei territori degli odierni Monferrato e Collina Torinese è sicuramente precedente, ma con altri nomi a indicare l’uva locale. “Vigne” diventa anche il nome delle proprietà, col tempo poi denominate “ville”. La più nota è la Vigna della Regina di Madama Reale Cristina di Francia, la cui attività produttiva storica è stata riattivata dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte nel 2008 .
Le uve devono essere prodotte nella zona di produzione comprendente il territorio collinare dei seguenti comuni in Provincia di Torino: Chieri, Pecetto Torinese, Pino Torinese, Pavarolo, Baldissero Torinese, Montaldo Torinese,
Mombello Torinese, Andezeno, Arignano, Moriondo Torinese, Marentino e Riva presso Chieri, Comune di Torino limitatamente alla Regione San Luca, Regione Eremo, Regione Santa Margherita, Parco di Villa Genero, Regione Villa della Regina.
Vitigno: I vini a denominazione di origine controllata “Freisa di Chieri” devono essere ottenuti dalle uve provenienti da vigneti composti , in ambito aziendale, dal vitigno Freisa dal ’90 al 100%; altri vitigni a bacca nera, non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte: da 0 a 10%.
La Denominazione di Origine Controllata “Freisa di Chieri” è riservata ai vini rossi che rispondono alle condizioni ed ai requisiti stabiliti nel disciplinare di produzione, per le seguenti tipologie, specificazioni aggiuntive o menzioni:
“Freisa di Chieri” Secco
“Freisa di Chieri” Superiore
“Freisa di Chieri” Dolce
“Freisa di Chieri” Frizzante
“Freisa di Chieri” Spumante.
I vini Freisa di Chieri all’atto dell’immissione al consumo devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
Colore: rosso rubino con tendenza al granato;
Odore: caratteristico delicato con note di lampone e di rosa e viola;
Sapore: asciutto, talvolta vivace leggermente acidulo, che con l’invecchiamento diventa più armonico e delicato;
Il sapore è fresco e gradevolmente asciutto. Ben si accompagna ai primi piatti della cucina piemontese, come risotti e tagliatelle, è ottimo con i salumi stagionati e con fritti misti, formaggi, carni e verdure alla piemontese, salumi, bolliti misti.
Le versioni Amabile, Frizzante e Spumante costituiscono invece vini da fine pasto, particolarmente adatti per i dessert a base di frutta e la pasticceria secca.
Denominazione di origine controllata fra le più recenti della Regione Piemonte, viene prodotta sulle colline Torinesi , nelle seguenti tipologie:
“Collina Torinese” rosso
“Collina Torinese” Barbera
“Collina Torinese” Bonaria
“Collina Torinese” Malvasia
“Collina Torinese” Pelaverga o Cari
Per la tipologia “Rosso” è, prevista anche la possibilità di utilizzare in etichetta l’indicazione “Novello”,secondo la vigente normativa per i novelli.
Andezeno, Arignano, Baldissero torinese, Brozolo,Brusasco, Casalborgone, Castagneto Po,
Castiglione Torinese, Cavagnolo, Chieri, Cinzano, Gassino Torinese, Lauriano, Marentino,
Mombello di Torino, Moncalieri, Montaldo Torinese, Monteu da Po, Moriondo Torinese, Pavarolo, Pecetto Torinese, Pino Torinese, Riva presso Chieri, Rivalba, San Raffaele Cimena, San Sebastiano da Po, Sciolze, Verrua Savoia.
Vitigno:a seconda della tipologia il vitigno principale deve essere presente almeno per l’ 85 %
possono concorrere alla produzione di detti vini, altri vitigni a bacca rossa non aromatici, idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte, fino ad un massimo del 15%;
Colore: rosso rubino più o meno intenso oppure rosso cerasuolo a seconda del vitigno;
Odore: intenso caratteristico vinoso più o meno intenso, anche fragrante che ricorda l’uva d’origine per il malvasia e cari;
Sapore: asciutto armonico e nelle tipologie malvasia e cari dolce;
Tali vini possono essere serviti a tutto pasto, inoltre, adattati a piatti di salumi in genere: salami, salsicce e prosciutto, formaggi locali quali il Bra, Raschera, Grana Padano, Toma Piemontese – devono essere consumati entro 2 anni dalla vendemmia a 16-18° in calici allungati. Il Rosso e la Bonarda si possono abbinare a bagna-caoda e trippa, il Barbera con agnolotti. Invece, Malvasia e Pelaverga vini da dessert, abbinabili anche a formaggi più freschi: Robiola di Roccaverano e caprini freschi, con risotto alla finanziera, asparagi e cardi. I vini Collina Torinese devono essere serviti a 13-14° in calice di media capacità svasato.
L’Erbaluce di Caluso o Caluso ha ottenuto il riconoscimento della D.O.C.G. nel 2010. È prodotto con uve del vitigno Erbaluce, coltivate in una ristretta zona viticola nell’area nord-est della provincia di Torino, di cui il comune di Caluso è l’epicentro, e che si estende, scavalcando la Serra di Ivrea, fino alle province di Biella e Vercelli. Viene prodotto nelle seguenti tipologie: -Erbaluce di Caluso o Caluso; -Erbaluce di Caluso o Caluso Spumante, Metodo Classico; -Erbaluce di Caluso o Caluso Passito -Erbaluce di Caluso o Caluso Péassito Riserva. La tipologia spumante viene prodotta esclusivamente con metodo tradizionale/classico, mentre le uve di Erbaluce sottoposte ad un periodo di appassimento che dura fino al 1° febbraio dell’anno successivo alla vendemmia, viene prodotta la tipologia passito.
32 comuni della provincia di Torino, 1 della provincia di Vercelli e 3 della provincia di Biella
Vitigno: Erbaluce 100%
Colore: giallo paglierino
Odore: vinoso, fine, caratteristico con note erbacee e floreali
Sapore: secco, fresco, caratterizzato da acidità sapidità e mineralità che ne valorizzano la longevità
Sia il fermo che lo spumante abbinano perfettamente con antipasti, piatti di pesce di lago, di fiume e di mare, risotti delicati, formaggi a pasta grassa e tartare di carne e di pesce. Il passito è invece ideale con pasticceria secca, torta di nocciole piemontesi e cioccolata gianduia, oppure trova interessante abbinamento con i formaggi erborinati, vaccini e caprini, molto stagionati.
Questo vino è ottenuto dalle uve di Grignolino prodotte dai vigneti situati sui terreni collinari del Monferrato casalese. Gradazione minima 11°. Invecchiamento da 1 a 2 anni; versione Grignolino Storico: da 3 a 6 anni.
Vitigno autoctono tipicamente monferrino.
Monferrato casalese;
Vitigno: Grignolino:90 -100%; Possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti dal vitigno Freisa presenti nei vigneti fino a un massimo del 10%.
Colore: rosso rubino chiaro, con tendenza all’arancione per l’invecchiamento
Odore: profumo caratteristico e delicato
Sapore: asciutto, leggermente tannico, gradevole amarognolo, con caratteristico retrogusto
È un vino da tutto pasto. Va servito fresco di cantina tra i 14 e i 16°. Abbinamenti ideali: insaccati, arrosti e umidi, fritto misto piemontese, piatti in fricassea e a base di uova.
Il vino Roero viene prodotto nella zona omonima, in provincia di Cuneo, sulle assolate colline situate alla sinistra orografica del fiume Tanaro. La denominazione “Roero” è riservata ai vini bianchi e rossi rispondenti alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione. Il vino bianco in etichetta viene denominato con la menzione Roero o Roero Arneis di cui sono presenti anche la tipologia Riserva e Spumante. Il periodo di invecchiamento previsto per il Roero Bianco con menzione geografica aggiuntiva è di 4 mesi (a partire dal 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve), mentre per la tipologia Riserva con menzione geografica aggiuntiva l’invecchiamento minimo è di 16 mesi (a partire dal 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve).
Il suolo del Roero è in generale di tipo marnoso-arenario con prevalenza di arenarie, rocce sedimentarie di origine marina, e un buon tenore in calcare, argilla e sabbia, elemento quest’ultimo che rende il terreno sciolto e gli conferisce sofficità e grande permeabilità.
La zona di produzione comprende Canale, Corneliano, Piobesi, Vezza D’Alba e in parte i comuni di: Baldissero d’Alba, Castagnito, Castellinaldo d’Alba, Govone, Guarene, Magliano Alfieri, Monta’, Montaldo Roero, Monteu Roero, Monticello d’Alba, Pocapaglia, Priocca, S. Vittoria d’Alba, S. Stefano Roero, Sommariva Perno.
Vitigno: Arneis minimo 95%, possono inoltre concorrere congiuntamente o disgiuntamente le uve provenienti da vitigni a bacca bianca non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte fino ad un massimo del 5%.
Colore: giallo paglierino
Odore: fresco, floreale, fruttato
Sapore: secco, sapido, elegante, armonico
L’abbinamento ideale è quello con gli antipasti della tradizione piemontese: il vitello tonnato, l’insalata russa, il tonno di coniglio, le acciughe al bagnetto rosso o verde e la carne cruda battuta al coltello.
Il vino Roero viene prodotto nella zona omonima, in provincia di Cuneo, sulle assolate colline situate alla sinistra orografica del fiume Tanaro. La denominazione “Roero” è riservata ai vini bianchi e rossi rispondenti alle condizioni e ai requisiti stabiliti dal disciplinare di produzione. Il vino rosso in etichetta viene denominato con la menzione Roero di cui è presente anche la tipologia Riserva. Il periodo di invecchiamento previsto per il Roero è 20 mesi (a partire dal 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve) di cui almeno 6 mesi in legno, mentre per il Roero Riserva l’invecchiamento minimo è di 32 mesi (a partire dal 1° novembre dell’anno di raccolta delle uve) di cui almeno 6 mesi in legno.
Il suolo del Roero è in generale di tipo marnoso-arenario con prevalenza di arenarie, rocce sedimentarie di origine marina, e un buon tenore in calcare, argilla e sabbia, elemento quest’ultimo che rende il terreno sciolto e gli conferisce sofficità e grande permeabilità.
La zona di produzione comprende Canale, Corneliano, Piobesi, Vezza D’Alba e in parte i comuni di: Baldissero d’Alba, Castagnito, Castellinaldo d’Alba, Govone, Guarene, Magliano Alfieri, Monta’, Montaldo Roero, Monteu Roero, Monticello d’Alba, Pocapaglia, Priocca, S. Vittoria d’Alba, S. Stefano Roero, Sommariva Perno.
Vitigno: Nebbiolo minimo 95; possono inoltre concorrere congiuntamente o disgiuntamente le uve provenienti da vitigni a bacca rossa non aromatici idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte fino ad un massimo del 5%;
Colore: rosso rubino o granato;
Odore: fruttato, caratteristico e con eventuale sentore di legno;
Sapore: asciutto, di buon corpo, armonico ed eventualmente tannico;
L’abbinamento ideale è con una cucina che ha i suoi cardini nella carne bovina, nei primi piatti a base di pasta fresca e nelle prelibatezze del bosco, ovvero funghi e tartufi.
Questo grande Bianco piemontese vino viene prodotto in una ristretta zona collinare della provincia di Alessandria. Proviene dalla vinificazione delle sole uve Cortese (noto già dall’antichità come Courteis) ed ha un colore paglierino più o meno intenso. Viene prodotto nelle seguenti tipologie: Gavi tranquillo, Gavi frizzante, Gavi spumante, Gavi riserva, Gavi riserva spumante metodo classico.
Il Gavi docg è prodotto in 11 comuni della provincia di Alessandria:
Gavi, Bosio, Capriata d’Orba, Carrosio, Francavilla Bisio, Novi Ligure, Parodi Ligure, Pasturana, San Cristoforo, Serravalle Scrivia, Tassarolo.
Vitigno: Cortese 100%;
Colore: giallo paglierino più o meno intenso;
Odore: caratteristico, delicato;
Sapore: secco, gradevole, di gusto fresco ed armonico;
Questo vino si accompagna perfettamente con gli antipasti a base di frutti di mare, di carni delicate e di verdure. Ottimo è l’abbinamento a frittate e torte di verdura.
Questo vino dal colore rosso rubino più o meno carico è prodotto in una parte del territorio della provincia di Cuneo dalle uve del vitigno Nebbiolo.
Il profumo è tenue, delicato e ricorda la viola, mentre il sapore è secco, giustamente tannico con delicato sentore amarognolo finale. Richiede un invecchiamento obbligatorio di 12 mesi.
Il disciplinare prevede anche la tipologia “spumante”. Per quest’ultima sono richiesti almeno sei mesi di invecchiamento.
Una trentina di comuni dell’Albese, in provincia di Cuneo
Vitigno: Nebbiolo 100%;
Colore: rosso rubino tendente al granato;
Odore: fruttato e caratteristico;
Sapore: secco, vellutato ed armonico;
L’uso è da tutto pasto se secco e da fine pasto se spumante.
In vigneti situati in terreni collinari soleggiati, in una vasta zona della provincia di Cuneo comprendente il territorio amministrativo di ben 94 comuni, si producono diversi tipi di vino riuniti sotto l’unica denominazione di origine controllata “Langhe”.
Tale denominazione senza altra specificazione aggiuntiva è riservata ai vini: Rosso e Bianco.
La denominazione “Langhe” seguita dalla specificazione (ad esempio Nebbiolo, Dolcetto, Freisa, Arneis , Favorita…) è invece riservata ai vini ottenuti dalle uve provenienti dai vigneti costituiti esclusivamente dai corrispondenti vitigni.
Gran parte dei territori vitati della provincia di Cuneo, zona più ristretta per l’Arneis
Colore: “Langhe” rosso: rubino, tendente al granato; “Langhe” bianco: giallo paglierino più o meno intenso;
Odore: “Langhe” rosso: caratteristico, vinoso, intenso; “Langhe” bianco: delicato, fine, intenso con eventuali sentori di legno;
Sapore: “Langhe” rosso: asciutto, di buon corpo, talvolta vivace; “Langhe” bianco: delicato, armonico, talvolta vivace;
Il Langhe Nebbiolo può essere servito a 18-20°, abbinato a carni bianche, formaggi a media stagionatura e pasta dura, minestre leggere e salumi; mentre, per il Langhe Arneis è consigliata temperatura di servizio a 18-20°, in accostamento con formaggi a pasta morbida, lingua, riso in insalata, al Favorita, servito a 16°, abbinare antipasti di mare, formaggi a pasta morbida, minestre leggere, pesci, zucchine, per il Chardonnay, servito a 18-20°, accostare antipasti magri, formaggi a pasta morbida, minestrone.
È questo un altro rinomato “Dolcetto” preparato con le uve del vitigno omonimo prodotte sulle colline dell’Albese (Cuneo). ha un colore rosso rubino tendente a volte al violaceo nella schiuma, un odore vinoso, gradevole e caratteristico e un sapore corposo e gradevolmente amarognolo.
La gradazione minima è di 11,5° mentre per il tipo “Superiore” vi deve essere una gradazione minima di 12,5 gradi, con un anno di invecchiamento obbligatorio.
Il Dolcetto “Superiore” si serve a temperatura ambiente con polenta, arrosti, brasati e formaggi stagionati.
Numerosi comuni dell’Albese, in provincia di Cuneo e in provincia di Asti;
Vitigno: Dolcetto 100%;
Colore: rosso rubino;
Odore: fruttato e caratteristico;
Sapore: asciutto, ammandorlato, armonico;
Preferibilmente abbinabile con: tagliatelle al ragù, paste ripiene, salumi, bolliti, pollame e formaggi semiduri.
Il riconoscimento della nuova DOCG Dolcetto di Dogliani Superiore o “Dogliani” porta la data del 4 aprile 2011, accorpando in quest’unica denominazione la già esistente DOCG Dogliani, e le DOC Dolcetto di Dogliani e Dolcetto delle Langhe Monregalesi. La particolare struttura e la corposità di questo prodotto lo portano ad essere un prodotto d’eccellenza fiore all’occhiello della produzione dei dolcetti piemontesi.
Dogliani e altri 20 comuni vicini, in provincia di Cuneo
Vitigno: Dolcetto 100%;
Colore: rosso rubino;
Odore: fruttato e caratteristico;
Sapore: asciutto, ammandorlato, armonico;
Il profumo fruttato caratteristico e il sapore asciutto, ammandorlato e armonico ne fanno un vino da tutto pasto particolarmente indicato in abbinamento a secondi piatti di carni in umido o brasate.
Il Barbera d’Alba si produce nella zona collinare di Alba, in provincia di Cuneo, con uve di Barbera. Il colore è rosso rubino intenso con tendenza al rosso granato dopo l’invecchiamento, l’odore è vinoso intenso e caratteristico e il profumo è delicato. Il sapore è asciutto, di corpo e dopo l’invecchiamento diventa pieno e armonico. La gradazione minima non deve essere inferiore ai 12°. I Barbera d’Alba che hanno una gradazione alcolica minima di 12,5 gradi e hanno subito un invecchiamento di almeno un anno possono fregiarsi della definizione “Superiore”.
Provincia di Cuneo, in vari comuni dell’Albese
Vitigno: Barbera dall’ 85% al 100%; Nebbiolo da 0 a 15 %.
Colore: rosso rubino;
Odore: fruttato e caratteristico;
Sapore: asciutto, sapido, armonico;
Abbinabile ad antipasti caldi della cucina piemontese – con primi piatti saporiti, piatti di carni bianche e rosse. Servito a 16/18° in calice a ballon e bevuto entro 5-6 anni dalla vendemmia.
L’Alta Langa Docg è lo spumante brut del Piemonte. Una denominazione dalla produzione contenuta, con una storia molto lunga: fu il primo metodo classico a essere prodotto in Italia, fin dalla metà dell’Ottocento, nelle “Cattedrali Sotterranee” oggi riconosciute Patrimonio dell’Umanità Unesco.
È fatto di uve Pinot nero e Chardonnay, in purezza o insieme in percentuale variabile; può essere bianco o rosé, brut o pas dosé e ha lunghissimi tempi di affinamento sui lieviti, come prevede il severo disciplinare: almeno 30 mesi.
L’Alta Langa è esclusivamente millesimato: è fatto con uve di una sola vendemmia e riporta sempre in etichetta l’annata.
Viene prodotto nelle provincie di Asti, Cuneo e Alessandria
La D.O.C.G. “Alta Langa” è il risultato di un savoir faire più che centenario dei produttori piemontesi nell’ambito del metodo classico e di oltre 10 anni di ricerca attiva e sperimentazione documentata sul territorio piemontese (dal 1990, anno di ufficializzazione del “Progetto Spumante Metodo Classico in Piemonte”, al 2002, anno di ottenimento della D.O.C).
Dal 2011 Alta Langa ha una propria DOCG, retroattiva al millesimo 2008.
La zona di origine dello spumante Alta Langa comprende la fascia collinare delle province di Asti, Cuneo e Alessandria situata alla destra del fiume Tanaro.
I terreni collinari su cui coltivare i vitigni di Pinot nero e di Chardonnay devono essere marnosi, calcareo-argillosi, con una fertilità moderata.
I vigneti possono essere posizionati solamente in collina; l’altezza minima deve essere di 250 metri slm; sono assolutamente vietati i terreni di fondovalle, umidi e pianeggianti.
Il Disciplinare prevede che ogni vigneto sia composto da almeno 4.000 ceppi ad ettaro.
I vigneti, allevati con la controspalliera bassa, sono potati con il Guyot tradizionale o il cordone speronato.
La produzione delle uve non può superare gli 11mila chilogrammi per ettaro e la resa in mosto di tutte le frazioni della pressatura deve essere inferiore al 65%.
Vitigno: Pinot nero e/o Chardonnay dal 90 al 100%.
Colore: da giallo paglierino a oro intenso (Alta Langa rosé ha un colore rosa cipria o più marcato quando è giovane);
Limpidezza: brillante;
Odore: frutta bianca e gli agrumi con sentori di crosta di pane (Alta Langa Rosé ha l’intensità aromatica tipica del Pinot nero, con profumi che spaziano dal pompelmo alle spezie);
Sapore: armonico, caratterizzato da una delicata sapidità (Alta Langa Rosé è equilibrato, ampio e lungo in cui si ritrova la sapidità caratteristica dell’Alta Langa Docg);
Spuma: fine e persistente;
Ottimo come aperitivo si abbina facilmente con piatti a base di pesce e carni bianche ma anche con antipasti e primi leggeri.
Il Lessona è prodotto nella zona collinare del comune omonimo in provincia di Vercelli e proviene dalle uve del vitigno Nebbiolo.
ha un colore rosso granato con sfumature arancioni se invecchiato, un profumo caratteristico che ricorda la viola e un sapore asciutto con persistente retrogusto. La gradazione minima deve essere di 12° con invecchiamento obbligatorio di due anni.
Fu proprio con questo vino che Quintino Sella, illustre statista e più volte ministro, brindò al primo governo dell’Italia unita.
Oltre un secolo dopo, nel 1976, la grande eccellenza di questo vino è stata riconosciuta con l’assegnazione della D.O.C.
Comune di Lessona, in provincia di Biella.
Vitigno: Nebbiolo (Spanna) dal 85% al 100%; Possono concorrere, le uve provenienti dai vitigni Vespolina e Uva Rara (Bonarda novarese) fino ad un massimo del 15 %.
Colore: rosso granato, con sfumature arancioni con l’invecchiamento;
Odore: profumo caratteristico che ricorda la viola, fine ed intenso;
Sapore: asciutto, gradevolmente tannico, con caratteristica sapidità e piacevole, persistente retrogusto;
Perfetto se abbinato con piatti della tradizione piemontese: bollito, carni, selvaggina, formaggi stagionati e fonduta.
Il vino Ghemme proviene dalle uve ottenute dai vitigni Nebbiolo (per almeno 85%), Vespolina e Bonarda Novarese.
Storico vino del Piemonte la cui origine risale al IV-V millennio a.C., il Ghemme è prodotto sui rilievi collinari emersi, di origine fluvioglaciale, posti lateralmente al fiume Sesia. Si narra che, in epoca romana, la produzione di questo vino fosse tale che la città di Agamium, ora Ghemme, aveva già come simbolo comunale un grappolo d’uva ed un mazzo di spighe di grano!
Celebrato da Fogazzaro in “Piccolo mondo antico” (il Ghemme era il vino del banchetto di gala), questo nobile vino è stato riconosciuto a D.O.C.G. nel 1997.
Ghemme e Romagnano Sesia, in provincia di Novara.
Vitigno: Nebbiolo (Spanna) almeno 85%; Vespolina e Uva rara da sole o congiuntamente fino ad un massimo del 15%;
Colore: rosso rubino anche con riflessi granata;
Odore: profumo caratteristico, fine, gradevole ed etereo;
Sapore: asciutto, sapido, con fondo gradevolmente amarognolo, armonico;
Si abbina con primi piatti quali risotti, è inoltre notevolmente apprezzato con selvaggina in salmì, con arrosti e brasati. Eccellente con i formaggi stagionati.
“Un sorso di Gattinara. Purché vero, Si intende, non chiedo di più!”
Così scriveva Mario Soldati in uno dei suoi brevi racconti dedicati ai luoghi di Piemonte a lui cari. Il Gattinara è un vino di antiche origini, I cui vigneti furono impiantati dei romani nel II secolo a.C..
Si ritiene, peraltro, che l’abitato di Gattinara sorga nel luogo dove il proconsole Quinto Lutazio Catulo sacrificò alle divinità le spoglie di guerra dei Cimbri, vinti nell’estate del 101 a.C. nei pressi di Vercelli; qui venne eretta la “Catuli Ara”, Ara di Catulo, da cui presero il nome la città ed il vino. Qualche secolo dopo, nel 1518, il cardinale Mercurino Arborio, marchese di Gattinara e Cancelliere di Carlo V, lo presentò alla Corte del Re di Spagna, facendolo conoscere alla nobiltà europea e offrendolo quale efficace mezzo di trattativa diplomatica. Ancora oggi la raffinata D.O.C.G., riconosciuta nel 1990, è prodotta unicamente nel territorio di Gattinara.
Comune di Gattinara, in provincia di Vercelli
Vitigno: Nebbiolo (Spanna) dal 90 al 100%; Possono concorrere alla produzione di detti vini anche le uve provenienti da vitigni Vespolina per un massimo del 4% e/o Uva Rara (Bonarda di Gattinara), purché detti vitigni complessivamente non superino il 10% del totale;
Colore: rosso granato con leggere sfumature aranciato;
Odore: fine, gradevole, speziato con lievi sentori di viola;
Sapore: asciutto, armonico, con caratteristico fondo amarognolo;
Vino di grande corpo è ottimo abbinato con selvaggina, capriolo e lepre – con carni, filetto e bollito. Curiosamente si abbina anche con i risotti e i formaggi a pasta dura.
Il Fara era molto apprezzato da abati, vescovi e signori che, in età medievale, si dedicavano alla coltura dei suoi vitigni non solo per fini liturgici, ma anche per assicurarsi una rendita indispensabile al sostentamento della comunità ecclesiastica attraverso la vendita del prodotto. Nonostante la base di Nebbiolo sia percentualmente inferiore rispetto ad altri vini della zona, il Fara è molto apprezzato dai consumatori, anche come prodotto da gustare in tempi più immediati, in funzione della sua freschezza e piacevolezza. È stato riconosciuto a D.O C. nel 1969.
Fara e Briona, in provincia di Novara
Vitigno: Nebbiolo (Spanna) dal 50 al 70%; Vespolina ed Uva rara (Bonarda novarese) da sole o congiuntamente dal 30% al 50%; Possono inoltre concorrere uve a bacca rossa, non aromatiche, provenienti dai vitigni idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte nella misura massima del 10%.
Colore: rosso rubino
Odore: profumo fine e piacevolmente gradevole
Sapore: asciutto, sapido, armonico
Abbinabile preferibilmente, con piatti della cucina novarese: brasato di manzo, lombata di maiale e salsiccia.
Il vino Bramaterra è prodotto nel territorio di sette comuni della zona collinare limitrofa al parco naturale delle Baragge, protetta dal Monte Rosa. Pare che la sua origine sia dovuta ai servi della gleba che, divenuti liberi, si stabilirono in quel territorio e coltivarono la vite, ottenendo un vino di grande pregio. Il nome Bramaterra compare, per la prima volta, in una pergamena del 1447 e pare voglia significare l’affinità e la vocazione agricola di questo territorio.
Riconosciuto D.O.C. nel 1979, era anche chiamato “Vino dei Canonici” in quanto particolarmente gradito alla curia vercellese.
Colline tra Brusnengo e Villa del Bosco, provincia di Vercelli e Biella
Vitigno: Nebbiolo (Spanna) dal 50 al 80 %; Croatina: fino ad un massimo del 30 %; Uva rara (Bonarda novarese) e Vespolina da sole o congiuntamente fino ad un massimo del 20%;
Colore: rosso granato con riflessi aranciati;
Odore: caratteristico, intenso, lievemente etereo che si affina con l’invecchiamento;
Sapore: pieno ed asciutto, vellutato con gradevole sottofondo amarognolo, di buon nerbo ed armonico;
Servito preferibilmente con carni in umido, piatti importanti di selvaggina e cacciagione, formaggi stagionati; nelle zone di produzione accompagnato con la “panissa” un risotto con fagioli bianchi freschi, salame e verdure. Bevuto a 16-18° in calice a ballon e consumato entro 5-6 anni dalla vendemmia, 6-7 per il tipo Riserva.
È un vino dalle origini molto antiche: già nel 1300 il cronista novarese Pietro Azario lo definì “rinomato sin dall’antichità”, mentre numerose testimonianze citano forniture di Boca alle armate spagnole che dal Piemonte si spostavano per occupare la Lombardia.
La particolare natura dei terreni, nei vigneti collinari di Boca e Maggiora, conferisce non soltanto ottime condizioni ambientali all’antico vitigno “Nebbiolo”, ma permette anche lo sviluppo di altri due vitigni caratteristici di questi rilievi, che gli sono complementari: Bonarda novarese e Vespolina. La D.O.C. Boca è stata riconosciuta nel 1969.
Ha un colore rosso rubino brillante con leggere sfumature di granato, un odore caratteristico, un gradevole profumo di mammola e un sapore asciutto e armonico con retrogusto di melagrana.
L’invecchiamento prevede un periodo minimo di 34 mesi, di cui 18 in legno secondo il disciplinare. La tipologia “Riserva” prevede un periodo di invecchiamento più lungo: 46 mesi, di cui 24 in legno A tavola si accompagna preferibilmente agli arrosti.
Comuni di Boca, Maggiora, Cavallirio, Prato Sesia e Grignasco, in provincia di Novara
Vitigno: Nebbiolo (Spanna): dal 70% al 90%; Vespolina e Uva rara (Bonarda novarese): da sole o congiuntamente dal 10% fino al 30%.
Colore: rosso rubino con riflessi granato;
Odore: caratteristico, fine ed etereo;
Sapore: asciutto, sapido, armonico, giustamente tannico;
Abbinato a piatti strutturati quali: stufati, arrosti e lessi, con bollito misto alla piemontese ma, anche con formaggi stagionati. Servito a 18° in calice a ballon, consumato entro 3-4 anni dalla vendemmia.
L’Ossolano è la principale espressione casearia dell’estremo nord del Piemonte, prodotto dal latte di vacche nate, allevate e nutrite esclusivamente nelle valli di Anzasca, Antrona, Divedro-Antigorio-Formazza, Isorno e nella Valle Vigezzo, entità geografiche che si aprono nella Val d’Ossola.
È un formaggio prodotto con latte intero, crudo o pastorizzato a pasta consistente ed elastica, con una stagionatura minima di sessanta giorni dall’inizio della lavorazione del latte. Ha forma cilindrica con tacco dritto o leggermente convesso, con facce piatte o quasi piatte.
La crosta è liscia, regolare, di colore giallo paglierino, che tende ad aumentare di intensità con la maturazione. Il formaggio “Ossolano” si distingue inoltre per il suo profumo caratteristico, armonico e delicato, legato alle varietà stagionali della flora, che diventa più intenso e fragrante con la stagionatura.
Il latte proviene da piccole aziende agricole il cui bestiame viene alimentato con foraggi provenienti quasi interamente dalle zone limitrofe. Il latte viene poi lavorato in piccoli caseifici agricoli sociali che ne curano anche la stagionatura.
Il legame del prodotto con la storia e le tradizioni locali trae origine dai rapporti tra le popolazioni originarie della regione e la popolazione Walser che, insediatasi nelle terre montuose della Val d’Ossola, sviluppò una tecnica casearia pulita, influenzata in particolare dalle particolari condizioni climatiche, che prevede, durante il processo di lavorazione, una fase di semi-cottura, necessaria per consentire un migliore drenaggio del siero.
La semicottura, in abbinamento alla pressatura, è tipica della produzione del formaggio “Ossolano” perché favorisce la selezione di una specifica microflora lattica che condiziona fortemente le successive fasi di maturazione in caseificazione e maturazione in formaggio. locali previsti a tal fine che conferiscono al formaggio le tipiche aperture irregolari e di piccole dimensioni (più piccole di un chicco di riso) oltre alla caratteristica consistenza dell’impasto, compatto ed elastico; tante caratteristiche che differenziano la DOP “Ossolano” da altri prodotti caseari piemontesi di dimensioni simili.
Il formaggio DOP “Ossolano d’Alpeggio” è ottenuto dal latte prodotto e caseificato negli alpeggi situati nel territorio delimitato, ad un’altitudine minima di 1.400 metri.
L’Ossolano è prodotto in Ossola, una striscia di terra che si estende sul versante italiano delle alpi Pennine dal Monte Rosa al Gries, nelle Valli Anzasca, Antrona, Divedro-Antigorio-Formazza, Isorno e Valle Vigezzo.
L’alimentazione degli animali, in particolare la componente foraggera della razione, influisce sulle caratteristiche del latte ottenuto e, di conseguenza su quelle del formaggio prodotto (ben noti sono, ad esempio, gli aromi trasmessi al latte prima e al formaggio poi dalla specie Ligusticum mutellina, conosciuta comunemente in zona come «erba mottolina»).
Il profumo è delicato ma intenso, con note floreali che sfumano in sentori di frutta secca quali noci e nocciole, tipiche dell’arco alpino, il gusto è da subito pieno, con note di frutta matura e secca, vaniglia e rosa canina o ancora fiori dei pascoli alpini quali il botton d’oro o piccoli frutti selvatici come uva spina e ribes giallo.
Una masticazione adeguata, unita al riscaldamento in bocca, esalta questi profili gusto-olfattivi permettendo alla pasta, consistente ed elastica, di sciogliersi con gradualità e di far uscire tutta la vasta gamma aromatica del formaggio, in specie i gusti tendenti allo speziato.
Il Pelaverga è un’uva molto antica coltivata da tempo immemore nel territorio dei comuni di Verduno, La Morra e Roddi d’Alba in provincia di Cuneo.
Nel passato veniva impiantata insieme alla Barbera e al nebbiolo, a partire dagli anni Settanta i viticoltori cuneesi hanno cominciato a coltivarlo e vinificarlo in purezza per ottenere questo vino particolare con odore intenso e fruttato, particolarmente speziato.
Verduno e parte di Roddi e la Morra, in provincia di Cuneo.
Vitigno: “Pelaverga Piccolo”: almeno per l’85%, cui possono concorrere, congiuntamente o disgiuntamente, uve di altre varietà (a bacca rossa e non aromatiche) autorizzate o raccomandata per la provincia di Cuneo e presenti nei vigneti nella misura massima del 15%.
Colore: rosso rubino più o meno carico con riflessi cerasuoli o violetti;
Odore: intenso, fragrante, fruttato, con caratterizzazione speziata;
Sapore: secco fresco, caratteristicamente vellutato e armonico;
Si abbina bene con i formaggi e i primi della tradizione piemontese.
Nell’intero territorio amministrativo della nostra Regione, si producono diversi tipi di vino riuniti sotto l’unica denominazione di origine controllata “Piemonte”.
Aree vitate delle provincie di Alessandria, Asti e Cuneo, con esclusione di altre zone del Piemonte
Vitigno: “Piemonte” bianco: Chardonnay dal 30%al 50%; Cortese e/o Favorita e/o Erbaluce da soli o congiuntamente dal 20 al 70%; “Piemonte” rosso: Barbera dal 30%al 50; Nebbiolo e/o Dolcetto e/o Freisa da soli o congiuntamente dal 20 al 70% ; Possono concorrere alla produzione di detti vini per un massimo del 15% i vitigni a bacca di colore analogo idonei alla coltivazione nella Regione Piemonte;
Colore: “Piemonte” bianco: giallo paglierino; “Piemonte” rosso: rosso;
Odore: “Piemonte” bianco: caratteristico, intenso, gradevole; “Piemonte” rosso: vinoso gradevole;
Sapore: “Piemonte” bianco: fresco, asciutto o abboccato, talvolta amabile, talvolta vivace; “Piemonte” rosso: fresco, asciutto o abboccato, talvolta amabile, talvolta vivace;
Tra gli svariati possibili abbinamenti di tutte le tipologie previste dalla denominazione, possiamo segnalare Il Piemonte Barbera, servito a 18-20°, può essere abbinato con formaggi pasta morbida, polenta, salumi; mentre, la tipologia Bonarda servita sempre a 18-20°, può essere accostata a formaggi media stagionatura; per il Brachetto ancora a 18-20°, abbinato con dessert in genere; il Cortese, 18-20°, accostato a cipolle, formaggi pasta morbida, riso in insalata; il Grignolino, 18-20°, abbinato a carni bianche, formaggi media stagionatura, salumi; ed infine, il Piemonte Moscato Passito, servito a 18-20°, abbinato ad amaretti.
Nell’intero territorio amministrativo di numerosi comuni in provincia di Asti e Alessandria si producono diversi tipi di vino riuniti sotto l’unica denominazione di origine controllata “Monferrato”.
Tale denominazione, senza altra specificazione aggiuntiva, è riservata ai vini: Rosso e Bianco, ottenuti da uve provenienti dai vigneti composti da uno o più vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, “raccomandati” o “autorizzati” per le province di Asti e Alessandria.
È possibile inoltre produrre vini con la denominazione “Monferrato” seguita da una delle seguenti specificazioni:
Chiaretto o Ciaret, Dolcetto, Freisa e Casalese Cortese.
Numerosi comuni collinari delle provincie di Alessandria e Asti
Vitigno: vino bianco o rosso ottenuto da uve provenienti da vigneti composti da uno o piu’ vitigni a bacca di colore analogo, non aromatici, “raccomandati” o “autorizzati” per le province di Asti e Alessandria.
Colore: “Monferrato” rosso: rosso; “Monferrato” bianco: giallo paglierino;
Odore: “Monferrato” rosso: vinoso gradevole; “Monferrato” bianco: caratteristico, intenso, gradevole;
Sapore: “Monferrato” rosso: fresco, asciutto, talvolta vivace; “Monferrato” bianco: fresco, secco, talvolta vivace;
Il Monferrato Dolcetto, servito a 18-20° è accostabile al fegato, formaggi a media stagionatura e salumi; mentre, il Monferrato Freisa, sempre 18-20°, abbinato a carni bianche, minestrone, pastasciutte locali.
Questo vino, già noto in Piemonte nel XV secolo, viene prodotto nella zona delle colline astigiane comprese tra i comuni di Agognano, Pino d’Asti, Passerano Marmorito, Berzano, Moncucco e Castelnuovo Don Bosco da cui prende il nome. Il vitigno che lo origina è la Malvasia di Schierano.
Il suo colore è rosso cerasuolo, l’aroma fragrante è tipico dell’uva di origine, il sapore dolce e leggermente aromatico. Viene prodotto in due tipologie: frizzante e spumante.
Castelnuovo Don Bosco e altri 5 comuni, in provincia di Asti.
Vitigno: Malvasia di Schierano e/o Malvasia Nera Lunga: dall’ 85% al 100%; Freisa: dallo 0% al 15%.
Colore: rosso cerasuolo
Odore: aroma fragrante dell’uva in origine
Sapore: dolce, aromatico, caratteristico
Va bevuto entro l’anno di produzione preferibilmente accompagnato da dolci o dessert a base di frutta.
Nella zona esclusivamente collinare del comune di Diano d’Alba (Cuneo) si produce questo “Dolcetto” dal colore rosso rubino che ha ottenuto il riconoscimento a DOCG nel 2010. Due le tipologie di produzione: Il Dolcetto di Diano d’Alba e il Dolcetto di Diano d’Alba Superiore. Particolare il riconoscimento nell’utilizzo delle menzioni geografiche che solo per questa denominazione sono definiti “sorì” dal dialetto luogo assolato. Vino con odore gradevolmente caratteristico mentre il sapore è asciutto, gradevolmente mandorlato e di buon corpo.
Nel comune di Diano d’Alba, in provincia di Cuneo
Vitigno: Dolcetto 100%;
Colore: rosso rubino;
Odore: fruttato e caratteristico; con eventuale sentore di legno;
Sapore: asciutto, ammandorlato, armonico;
Considerato un vino da tutto pasto è abbinabile con primi e formaggi freschi.
Il Dolcetto d’Asti si produce nella zona collinare astigiana ed ha un colore rosso rubino vivo, un odore vinoso, gradevole e caratteristico e un sapore asciutto, vellutato e armonico.
La gradazione minima è di 11,5° mentre per il tipo “Superiore” vi deve essere una gradazione minima di 12,5 gradi, con un anno di invecchiamento obbligatorio.
Una ventina di comuni dell’Astigiano, idonei al Dolcetto
Vitigno: Dolcetto 100%;
Colore: rosso rubino vivo;
Odore: vinoso, gradevole, caratteristico;
Sapore: asciutto vellutato, armonico, di moderata acidità;
Il Dolcetto d’Asti è un vino da tutto pasto.
Il Cortese dell’Alto Monferrato si produce nelle province di Asti e Alessandria dalle uve del vitigno Cortese ed eventualmente da altre uve bianche (escluse quelle aromatiche) in percentuale non superiore al 15%.
Questo vino ha un colore paglierino chiaro, talvolta tendente al verdolino, un odore caratteristico e delicato e un sapore asciutto, armonico e gradevolmente amaro.
La gradazione deve essere di almeno dieci gradi.
La denominazione di origine controllata “Cortese dell’Alto Monferrato” può essere utilizzata per designare il vino spumante o frizzante naturale ottenuto con mosti o vini che rispondono alle
condizioni ed ai requisiti stabiliti dal presente disciplinare di produzione in ottemperanza alle norme vigenti.
I titoli “spumante” e “frizzante” debbono presentarsi limpidi al consumo.
Numerosi comuni dell’Alto Monferrato, in provincia di Asti e Alessandria
Vitigno: Cortese: minimo l’85%; è ammessa la presenza di altri vitigni ad uve bianche, escluse quelle aromatiche, fino ad un massimo del 15%.
Colore: paglierino chiaro, talvolta tendente al verdolino;
Odore: caratteristico, delicato, molto tenue ma persistente;
Sapore: asciutto, armonico, sapido, gradevolmente amaro;
A tavola si accompagna preferibilmente agli antipasti e ai cibi leggeri. Viene prodotto anche nel tipo “spumante” o “frizzante”.
Il Barolo è un vino dalla lunga storia le cui caratteristiche erano apprezzate anche da Camillo Benso di Cavour. Si produce con uve Nebbiolo, il vino ottenuto viene invecchiato per almeno 3 anni, mentre per poter utilizzare in etichetta la specificazione aggiuntiva riserva, ne sono necessari almeno 5. Dal 2010 le bottiglie di Barolo possono fregiarsi in etichetta delle menzioni geografiche aggiuntive specificate nel disciplinare di produzione.
Provincia di Cuneo: Barolo, Castiglione Faletto, Serralunga d’Alba e parte del Monforte d’Alba, Novello, La Morra, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Cherasco e Roddi.
Vitigno: Nebbiolo 100%;
Colore: rosso granato;
Odore: intenso e caratteristico;
Sapore: asciutto, pieno, armonico;
Acidità totale minima: 4,5 g/l;
Estratto non riduttore minimo: 22 g/l.
Titolo alcolometrico volumico totale minimo: 13,00 % vol;
Con il vino Barolo, viene prodotta anche il Barolo Chinato, mediante aggiunta di aromi naturali e china.
Si accompagna in modo ottimale agli arrosti e la cucina di Langa.
Questo vino ha origini antiche, Tito Livio lo citava infatti nella “Storia Romana”. Fu Domizio Cavazza, direttore della Scuola Enologica di Alba a fine 1800, a dare inizio alla valorizzazione del vino Barbaresco. Questo vino deriva dal vitigno Nebbiolo coltivato sulle colline che dominano il Tanaro, nei comuni di Barbaresco Treiso e Neive e la parte della frazione “San Rocco Senodelvio” già facente parte del comune di Barbaresco e attualmente aggregata al comune di Alba. È stata la prima DOCG del Piemonte ad aver approvato l’utilizzo delle menzioni geografiche aggiuntive con elenco specifico nel disciplinare di produzione.
Barbaresco, Neive, Treiso e parte di Alba, in provincia di Cuneo
Vitigno: Nebbiolo 100%;
Colore: rosso granato;
Odore: intenso e caratteristico;
Sapore: asciutto, pieno, armonico;
Il Barbaresco si sposa perfettamente con formaggi stagionati e secondi di carne come lo “stracotto” di manzo.
Questo gradevole vino viene prodotto in una ristretta zona collinare della provincia di Alessandria. Proviene dalla vinificazione delle uve di Cortese (localmente noto come Courteis) ed ha un colore paglierino più o meno tenue. Viene prodotto nelle seguenti tipologia: -Gavi o Cortese di Gavi tranquillo; -Gavi o Cortese di Gavi frizzante; -Gavi o Cortese di Gavi spumante; -Gavi o Cortese di Gavi riserva; -Gavi o Cortese di Gavi riserva spumante metodo classico.
Gavi e altri comuni vicini, in provincia di Alessandria.
Vitigno: Cortese 100%;
Caratteristiche sensoriali e organolettiche
Colore: giallo paglierino più o meno intenso;
Odore: caratteristico, delicato;
Sapore: secco, gradevole, di gusto fresco ed armonico;
Questo vino si accompagna perfettamente con gli antipasti a base di frutti di mare, di carni delicate e di verdure. Ottimo è l’abbinamento a frittate e torte di verdura.
Il formaggio “Toma Piemontese”, formaggio prodotto esclusivamente con latte di vacca, ha origini che risalgono all’epoca romana, ma solamente documenti dell’anno mille riportano citazioni che lo identificano precisamente, figurando soprattutto nei “pastus” distribuiti ai poveri o ai lavoratori subalterni, tanto da convalidare l’ipotesi di un suo uso, almeno in questi periodi iniziali, caratteristico dei ceti popolari; pare infatti andassero per la maggiore formaggi particolarmente piccanti e detti “formaggi dei poveri”.
La produzione del formaggio è strettamente legata all’areale alpino piemontese ed in particolare ai margari che sfruttavano i pascoli montani nel periodo estivo per poi ridiscendere a fondovalle o in pianura nel periodo invernale.
Fondamentali nel determinare le caratteristiche organolettiche del prodotto sono le condizioni ambientali e di consuetudine nella lavorazione tramandatasi nei secoli.
Il formaggio “Toma Piemontese” si presenta in due tipologie: grasso (a pasta morbida) prodotta con latte intero e semigrasso (a pasta semidura) prodotto con latte parzialmente scremato.
Sono interessate le province di Novara, Verbania, Vercelli, Biella, Torino e Cuneo, ed i comuni di Acqui Terme, Terzo, Bistagno, Ponti, Denice (AL) e di Monastero Bormida, Roccaverano, Mombaldone, Olmo Gentile e Serole (AT).
Il formaggio Toma Piemontese DOP va mantenuto nello scomparto meno freddo del frigorifero, protetto con la carta d’acquisto e chiuso in contenitori.
E’ prodotto tutto l’anno ed il latte con la quale viene prodotto è caratterizzato dall’alto contenuto di proteine, con elevata percentuale caseinica, perché in prevalenza fornito da razze autoctone o da loro incroci con la Frisona.
Il Salame Piemonte ha forma cilindrica, o incurvata per le pezzature più piccole, è compatto e di consistenza morbida che deriva dalla breve stagionatura. La fetta si presenta compatta e omogenea di colore rosso rubino. Il profumo è delicato di carne matura stagionata, di vino e di aglio. In particolare, l’aggiunta del vino derivante da uve Barbera, Dolcetto e Nebbiolo conferisce al prodotto un terroir unico e particolare.
Tutto il Piemonte
L’aggiunta nel processo di produzione di vino rosso, proveniente da uve Barbera, Nebbiolo e Dolcetto che rappresentano i tre vitigni più famosi del Piemonte, testimonia il profondo legame del Salame Piemonte con il territorio. Questa caratteristica rappresenta l’elemento di specificità di questa denominazione ed è citata in molte pubblicazioni, manuali e raccolte specifiche relative ai salumi.
Nel 1854, Giovanni Vialardi, capocuoco e pasticcere reale (di Casa Savoia), nel suo trattato di «Cucina Borghese», descrive, in dettaglio, le modalità di realizzazione del «salame di carne di maiale» che si può considerare il vero precursore del Salame Piemonte poiché si tratta di una ricetta simile all’attuale, che prevedeva, già allora, una preparazione con l’aggiunta di «un bicchiere di buon vino di barbera».
La Robiola di Roccaverano, è un formaggio fresco sottoposto a maturazione, o affinato e per la sua produzione si adopera latte crudo intero di capra, di pecora e di vacca, proveniente esclusivamente dall’area di produzione. Le origini risalgono ai Celti che producevano un formaggio simile al prodotto attuale. Con l’avvento dei Romani il formaggio assunse il nome di “rubeola”. Ma l’importanza della “Robiola” venne evidenziata in un manoscritto del 1899, fra le notizie storiche di interesse politico: nel Comune di Roccaverano venivano tenute cinque fiere annue, durante le quali si vendevano per l’esportazione “eccellenti formaggi di Robiole”. L’alimentazione degli ovi-caprini e delle vacche è ottenuta anche dal pascolamento degli animali e dall’utilizzo di foraggi verdi e/o conservati che si ottengono dai prati e prati-pascoli ricchi di numerose piante aromatiche ed officinali. Sono proprio queste specie spontanee di erbe officinali o comunque capaci di avere qualità particolari che costituiscono un alimento di alta qualità per gli allevamenti ovini e caprini, nonché per il bestiame bovino e che con i vari profumi ed aromi fanno assumere alla “Robiola di Roccaverano” una fragranza che lo distingue da ogni altro formaggio.
Il prodotto viene immesso al consumo, in base alla stagionatura, nelle tipologie Fresca, Affinata o Stagionata e Secca.
La zona di provenienza del latte, di trasformazione, di raggiungimento dei termini di maturazione previsti e il confezionamento comprende il territorio di dieci comuni della provincia di Asti e di 9 comuni della Provincia di Alessandria
La Robiola di Roccaverano si conserva meglio in frigo se ricoperta in una tazza o scodella di porcellana o ceramica e riposta su un piatto dello stesso materiale (al fine di favorirne la respirazione).
La robiola che si ottiene a livello artigianale si conserva anche per 6 mesi in barattoli di vetro, con olio, o ponendo le forme nella paglia.
Il formaggio viene prodotto tutto l’anno e il suo gusto deriva in particolare dai fermenti lattici vivi che sono presenti nella sua pasta fino al momento del consumo.
Il formaggio “Raschera”, formaggio prodotto da latte vaccino, con eventuali aggiunte di latte ovino o caprino è storicamente presente nella provincia di Cuneo e richiama il nome del Lago Rascherà, nell’area prospiciente la zona del Monregalese, da cui si è diffusa la produzione del formaggio che ha conservato le caratteristiche originarie, legate ad una tecnica consolidata.
Il formaggio ha origine alla fine del 1400, si rinvenne infatti un contratto d’affitto in cui si pretendeva dai pastori della zona di Pamparato un pagamento con le forme di Raschera.
Fondamentali le caratteristiche dei foraggi, ottenuti in prevalenza nell’area di produzione, significativamente influenzate dalle condizioni climatiche della zona pedemontana.
Il formaggio Raschera il cui latte, la produzione e la stagionatura avvengono ad una quota superiore ai 900 metri sul livello del mare può portare la menzione “d’ Alpeggio” o se prodotto da novembre ad aprile “d’Alpe Invernale”.
La zona di produzione e stagionatura comprende l’intero territorio della provincia di Cuneo.
Il Raschera DOP va mantenuto in un ambiente fresco o nello scomparto meno freddo del frigorifero, protetto con la carta d’acquisto, o in carta argentata e chiuso in un contenitore di vetro o di plastica.
Il Raschera DOP è prodotto tutto l’anno, quello d’Alpeggio tra giugno e settembre, quello d’Alpe Invernale tra novembre ed aprile.
La forma quadrata, che oggi è quella predominante, si è affermata per la sua praticità nel trasporto, già quando l’unico mezzo di trasporto era il mulo.
La zona di produzione e stagionatura comprende l’intero territorio della provincia di Cuneo.
Il formaggio Raschera il cui latte, produzione e stagionatura avvengono ad una quota superiore ai 900 metri sul livello del mare (Frabosa Soprana, Frabosa Sottana, Garessio per quanto attiene la Valcasotto, Magliano Alpi per la parte che confina con il comune di Ormea, Montalto Mondovi, Ormea, Pamparato, Roburent, Roccaforte Mondavi, Viola) può portare la menzione “d’Alpeggio” e se prodotto da novembre ad aprile “d’Alpe Invernale”.
La «Nocciola del Piemonte» o «Nocciola Piemonte» designa il frutto in guscio, sgusciato o semilavorato della varietà di nocciolo «Tonda Gentile Trilobata » ed ha sapore finissimo e persistente e polpa croccante.
Il merito di aver introdotto e diffuso l’impianto di noccioleti nella zona dell’Alta Langa va all’On. prof. Emanuele Férraris, che ebbe il merito di riuscire a dimostrare la maggior produttività e la miglior resistenza della pianta alle affezioni parassitarie rispetto alla vite. Nel Novecento, si registrò poi una forte espansione colturale proprio in relazione all’aumentata richiesta da parte dell’industria dolciaria e alla scoperta del gianduja (miscela tra cacao e nocciole).
Fondamentali nel determinare le caratteristiche organolettiche del prodotto sono le condizioni ambientali della zona di produzione, in massima parte collinare, di fondo collina, pedemontana e montana con terreni poco fertili e clima fortemente continentale.
La zona di produzione della «Nocciola del Piemonte» o «Nocciola Piemonte» comprende il territorio di numerosi comuni in provincia di Alessandria, Asti, Cuneo, Torino, Novara, Biella e Vercelli.
La Nocciola Piemonte IGP va conservata in ambienti freschi e ventilati, per evitarne l’irrancidimento.
La Nocciola Piemonte IGP è prodotta tra agosto e settembre, ma viene commercializzata tutto l’anno.
Viene commercializzata quale prodotto in guscio, sgusciato, semilavorato e finito, trasformato in granella, farina, olio di nocciole.
La frazione lipidica è costituita per oltre il 40% da acidi grassi monoinsaturi (come l’acido oleico) e presenta il più alto rapporto monoinsaturi/polinsaturi rispetto all’altra frutta secca. Recenti studi sembrano dimostrare gli effetti positivi di un consumo regolare di nocciole sulla salute umana.
È infatti confermato che una dieta ricca in acido oleico (lo stesso acido grasso presente nell’olio extra vergine d’oliva) consente di mantenere basso il “Colesterolo cattivo” e di innalzare il “Colesterolo buono”, importante difesa delle patologie vascolari. Inoltre, per l’elevato tenore di vitamina E, la nocciola fornisce un apporto notevole di agenti antiossidanti rallentando l’invecchiamento dei tessuti.
Il formaggio “Murazzano”, formaggio di latte ovino, che può essere integrato con latte vaccino, è storicamente presente nella provincia di Cuneo e richiama il nome del Comune di Murazzano che ne è il centro maggiore di produzione.
Una delle più note leggende popolari narra che un corvo rubò alcune robiole ad un giovane lasciato dalla madre a guardia delle stesse. Il giovane inseguì il corvo fino al forte di Ceva, rifugio di demoni e streghe. Lì Satana tentò di trascinare il giovane all’inferno ma egli riuscì a riprendere le sue robiole e a salvarsi.
Il prodotto ha mantenuto nel tempo le caratteristiche peculiari dovute all’ambiente pedemontano e alle sue condizioni climatiche che influenzano la qualità dei foraggi destinati alla alimentazione sia delle vaccine che delle pecore.
Un tempo si produceva esclusivamente con latte di pecora, oggi invece viene così prodotto solo in quantità limitatissime ed è il più pregiato.
La zona di produzione comprende il territorio di numerosi comuni della provincia di Cuneo.
Il Murazzano DOP va mantenuto nello scomparto meno freddo del frigorifero, in un contenitore chiuso di vetro o di plastica con una o due zollette di zucchero, protetto con la carta d’acquisto o con un foglio di alluminio per preservarlo dall’umidità.
Meglio togliere il Murazzano DOP dal frigorifero almeno un’ora prima di servirlo.
È prodotto tutto l’anno.
Il formaggio “Gorgonzola”, formaggio molle, grasso, a pasta cruda prodotto esclusivamente con latte di vacca intero, pare sia nato secondo la leggenda per un capriccio d’amore di un casaro, che per attardarsi con la sua bella avrebbe rimandato all’indomani il lavoro della giornata e mescolando la cagliata della sera precedente con quella della mattina avrebbe ottenuto un formaggio mai prodotto prima.
Alcuni affermano che il formaggio sarebbe stato fatto per la prima volta nella località omonima già nell’anno di grazia 879 e la diffusione fu tuttavia costante nell’area tra Lombardia e Piemonte.
Si produce nelle tipologie Dolce (forma grande) e Piccante (forme medie e piccola con differenti tempi di stagionatura).
Caratteristica del Gorgonzola è la presenza di screziature verdi, dovute al processo di erborinatura.
Fondamentali le condizioni climatiche della zona di produzione, favorevoli all’abbondanza e alla qualità dei foraggi destinati all’alimentazione delle lattifere nonché allo sviluppo di agenti microbiologici che determinano le caratteristiche organolettiche e di colorazione del formaggio, e la tendenza al suo utilizzo con preparazioni tradizionali a base di cereali, tipiche della zona di produzione che hanno consentito un’ottima diffusione al consumo del prodotto.
In Piemonte viene prodotta nelle province di Biella, Cuneo, Vercelli, Novara, Verbano Cusio-Ossola e in 31 comuni della provincia di Alessandria.
Il Gorgonzola DOP si conserva nello scomparto meno freddo del frigorifero, protetto con la carta stagnola o alluminio e in contenitori chiusi al fine di mantenere la freschezza e gli aromi.
Si consiglia di asportare la crosta del formaggio per evitare l’emanazione del suo odore non sempre gradito e di lasciare il Gorgonzola a temperatura ambiente per almeno 30 minuti prima del consumo soprattutto per la tipologia dolce.
Il consumo del Crudo di Cuneo è documentato storicamente dalle numerose richieste fatte da parte dei nobili, conventi ed abbazie della zona. Fu proprio la crescente richiesta di prosciutti ad influenzare in modo significativo la costituzione di numerosi trasformatori le cui specifiche tecniche di lavorazione, tramandatesi di generazioni in generazioni, sono state alla base della sua reputazione e fama presso i mercati.
Ma la zona di produzione della DOP è così fin dai tempi più antichi legata alla storia della suinicoltura, della lavorazione e stagionatura del «Crudo di Cuneo», grazie anche alle specifiche caratteristiche pedo-climatiche che la contraddistinguono da altre zone e che conferiscono al prodotto tipiche proprietà qualitative, ben riconoscibili dal consumatore finale.
Il contenuto di umidità presente nel Crudo di Cuneo, strettamente correlato con il contenuto di sale, è determinato dall’effetto delle brezze. Tali brezze, provenienti dalle montagne comprese nell’area geografica, a senso alterno, fra il mattino e la notte, stabiliscono delle condizioni di bassa umidità atmosferica, idonee ad assicurare un’ottima stagionatura del prodotto, che si ripercuote sui bassi valori di umidità, sui tempi di stagionatura, sul valore di proteolisi caratteristici del Crudo di Cuneo.
Importante è inoltre la materia prima; infatti la proteolisi del prosciutto è determinata anche dalle sue caratteristiche. Il suino di Cuneo viene allevato in ambienti posti ad un’altitudine media di 350 metri sul livello del mare, dove l’assenza di nebbie invernali e afa estiva favoriscono una sanità eccellente. Oltre alla salubrità dell’aria e alla purezza delle acque, è l’alimentazione tradizionale sana e naturale, a base di cereali prodotti in loco, che determina la maturazione anticipata della carne tipica di questa produzione.
È meglio affettare il Crudo di Cuneo DOP poco prima di consumarlo e proteggerlo con carta alimentare, perché l’aria e la luce tendono ad asciugarne la superficie provocando la perdita di alcune caratteristiche organolettiche.
È prodotto tutto l’anno.
Il Castelmagno prende il suo nome dal santuario dedicato a San Magno presente nel comune omonimo. Le origini sono antichissime: le prime forme furono prodotte già nel XII secolo e il primo documento ufficiale che registra la sua esistenza è una sentenza arbitrale in cui il Comune di Castelmagno sconfitto dovette pagare in natura, come canone annuo, forme di formaggio al marchese di Saluzzo.
Si tratta di un formaggio pressato a pasta semidura di latte vaccino crudo (tipi genetici Barà Pustertaler, Bruna, Pezzata Rossa d’Oropa, Pezzata Rossa, Montbeliard, Grigio Alpina, Piemontese, Valdostana e loro incroci alimentate con almeno il 30% di foraggi freschi o affienati al fine di tutelare il legame con il territorio), con eventuali aggiunte di latte ovino e/o caprino in percentuale da un minimo del 5 ad un massimo del 20 %.
E’ prodotto al di sopra dei 600 metri sul livello del mare e reca quindi in etichetta la dicitura “Prodotto della Montagna”. Solo quando la produzione e la caseificazione avvengono al di sopra dei 1000 metri sul livello del mare e il latte è proveniente esclusivamente da
vacche, capre e pecore alimentate al pascolo con almeno il 90 % di flora locale nel periodo compreso tra l’inizio di maggio e la fine di ottobre, viene riportata in etichetta la dicitura “di Alpeggio”.
La zona di produzione e stagionatura comprende i tre comuni della Provincia di Cuneo Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana.
Il Castelmagno DOP va mantenuto in un ambiente fresco oppure nello scomparto meno freddo del frigorifero, protetto con la carta d’acquisto o in carta argentata e chiuso in contenitori di vetro o plastica, per evitare l’assorbimento o la trasmissione di odori agli altri alimenti.
Le venature sono dovute alle speciali muffe del genere pennicillium, tipiche dei formaggi erborinati o a pasta blu, che si sviluppano naturalmente senza essere inoculate.
È prodotto tutto l’anno, ad eccezione della tipologia d’alpeggio che è prodotta tra i mesi di maggio ed ottobre.
Il formaggio “Bra”, formaggio semi-grasso di latte vaccino, che può essere integrato con latte ovino e/o caprino è storicamente presente nella provincia di Cuneo e richiama il nome del Comune di
Bra, ove tradizionalmente si stagionava e smerciava il formaggio prodotto originariamente negli alpeggi di montagna.
Il formaggio ha origine nell’area montana, pedemontana e di pianura limitrofa delle Alpi Marittime e Cozie: il Bra veniva fabbricato dai pastori detti “malgari” che in autunno scendevano con le mandrie al piano per svernare ed in primavera ritornavano ai pascoli di montagna e nei periodi di permanenza in pianura diffondevano la conoscenza del prodotto e delle modalità produttive.
Fondamentali le caratteristiche dei foraggi, ottenuti in prevalenza nell’area di produzione, significativamente influenzate dalle condizioni climatiche della zona.
Il Bra si presenta in due tipologie: Tenero e Duro.
Il Bra si presenta in due tipologie: Tenero e Duro.
Il “Bra”, tipo Tenero e tipo Duro, prodotto e stagionato nell’ambito dei comuni montani dell’area di produzione, può portare la menzione di “Alpeggio”.
Le zone di produzione comprende l’intero territorio della provincia di Cuneo e, solo per la stagionatura, anche il contiguo Comune di Villafranca Piemonte in provincia di Torino
Il Bra DOP va mantenuto nello scomparto meno freddo del frigorifero, protetto con la carta d’acquisto per mantenerlo fresco. Il Bra Tenero si può apprezzare come formaggio da tavola, quello Duro anche da grattugiare.
È prodotto tutto l’anno.